Capitalismo Woke by Carl Rodhes

Capitalismo Woke by Carl Rodhes

autore:Carl Rodhes [Rodhes, Carl]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2023-08-07T22:00:00+00:00


9. La corsa al wokismo

Il primo lunedì di settembre 2018, Colin Kaepernick, ex quarterback della National Football League (NFL), pubblicava su Twitter un post che avrebbe segnato l’inizio di una bufera politica. Il tweet, accompagnato da un’immagine in bianco e nero della metà superiore del suo volto, recitava: «Credi in qualcosa, anche se significa sacrificare tutto. #JustDoIt». Sebbene la Nike, la nota azienda di scarpe sportive, non venisse direttamente citata, la presenza del suo celebre slogan «Just Do It» lasciava intendere che fosse in qualche modo coinvolta. Come è noto, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump si era sentito talmente provocato dal sostegno della Nike a Kaepernick che il giorno dopo anche lui era ricorso al suo famigerato account Twitter per dichiarare: «La rabbia e i boicottaggi stanno uccidendo la Nike. Mi domando se avessero idea che sarebbe andata a finire così». E qualche giorno dopo, in preda a un’apparente disperazione, aveva twittato: «Ma a che pensava la Nike?»1.

Il tweet originale di Kaepernick era stato pubblicato poco prima dell’avvio di stagione della NFL. Subito dopo, era seguito il lancio da parte di Nike di un’importante campagna pubblicitaria in televisione e sulla carta stampata. Lo spot televisivo, intitolato Dream Crazy, con la voce narrante di Kaepernick, invitava la gente a seguire i propri sogni, a prescindere dagli ostacoli. «Non diventare il miglior giocatore di basket al mondo, ma sii più grande del basket», esortava Kaepernick. Contemporaneamente, si vedeva LeBron James, la superstar della National Basket-ball Association (NBA), inaugurare la scuola elementare I Promise ad Akron, in Ohio, finanziata dalla sua fondazione di famiglia. Anche la star della boxe tedesca Zeina Massar, la giocatrice paralimpica di basket Megan Blunk e la “regina ribelle dello skateboard” Lacey Baker erano tra i personaggi che condividevano l’esortazione di Kaepernick: «Non chiederti se i tuoi sogni sono folli. Chiediti se lo sono abbastanza»2.

A prima vista, poteva sembrare l’ennesima campagna pubblicitaria che fa leva sulla mitologia del sogno americano. Veniva infatti ribadita l’idea che, mettendoci passione, duro impegno e determinazione, chiunque possa raggiungere i vertici del proprio settore. A prescindere dalle barriere strutturali imposte dalla razza, dalla classe o dal genere in cui si nasce, è il merito individuale a determinare il successo, così recita il mito. Il mancato raggiungimento del sogno americano è un fallimento personale, non sociale, e ogni persona si assume la responsabilità del proprio successo. Che siate nati in una ricca famiglia bianca di New York o che siate cresciuti nei quartieri popolari limitrofi, la possibilità di farcela nella vita dipende unicamente dalla vostra iniziativa.

Che la Nike abbia fatto leva su delle fantasie inveterate e radicate nella cultura americana è evidente, ma in Dream Crazy c’era molto di più. Soprattutto perché la Nike aveva deciso di fare di Kaepernick la figura centrale della campagna. Oltre a essere famoso per la sua carriera di giocatore di football, negli anni precedenti all’uscita dello spot, Kaepernick era diventato un nome conosciuto per il suo attivismo politico, diretto e senza compromessi, a favore dei diritti degli afroamericani.



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